Il fine anno di Legambiente, circolo di Piove di Sacco

racconto e fotografie di:
Claudio di Piove di Sacco (PD)

Primo giorno: Mottarone

Quel sabato mattina, 29 dicembre, non pareva proprio buttar bene e alle 5,30, riuniti davanti alla corriera al posteggio di Padova, guardando il cielo scuro e la patina di ghiaccio che ricopriva le auto parcheggiate fuori la notte, ci si chiedeva: cosa ci aspetterà? Previsioni incerte, neve, freddo ci accompagneranno per tutta il weekend di questo fine anno?Ma una volta partiti, con il passare delle ore e lo scorrere dei kilometri il sole iniziava, non senza difficoltà, a farsi vedere, prima velatamente e poi sempre più intenso quasi a dire: “pensavate vi avrei abbandonati ?”. Ad accoglierci a Gignese, località sul lato ovest del Lago Maggiore, c’erano Ambrogina e la seconda guida, le quali hanno subito illustrato il programma della giornata che prevedeva un trekking sul Monte Mottarone; da Gignese ci siamo dunque spostati alla stazione intermedia di Alpino di Stresa da dove, in funivia, siamo arrivati a destinazione in vetta al monte dove si trovava una località sciistica con alcuni impianti di risalita funzionanti; a onor del vero la neve scarseggiava dato che quest’inverno ha visto poche precipitazioni in zona, ma sole e cielo azzurro hanno comunque fatto da richiamo e gli umori erano ottimi! Dopo l’adunata del nostro “capo” Maurizio ci siamo messi in cammino con destinazione la baita CAI “Alpe Nuovo di Baveno” ad un paio d’ore o poco più di strada, circa 200 metri di dislivello su un sentiero tranquillo dove solo in alcune zone esposte a nord permanevano lingue di neve gelata per cui, chi ne era in possesso, ha potuto qui utilizzare proficuamente dei ramponcini chiodati da fissare sotto le suole degli scarponi. 

Intanto, procedendo passo dopo passo, appariva sempre più ben delineato il contorno del Lago Maggiore il quale si presentava di un azzurro intenso, limpido e uniforme, in quieto riposo tra le catene di montagne che lo contornavano stagliandosi verso il cielo, anch’esso azzurro, composto di varie tonalità che, dal basso, si intensificavano salendo verso l’alto. Spettacolo da fotografare, e non solo con la reflex! La cima del Monte Zughero e la sua croce è stata raggiunta da chi aveva ancora voglia di camminare una volta arrivati alla baita: era lì a due passi ed era proprio un peccato non giungere al punto più panoramico dell’intero itinerario solo per restar seduti su una panca di legno in attesa del rancio! Alla baita infatti i gestori avevano predisposto un pranzo “alla buona” a base di polenta e spezzatino che, per un gruppo di affamati e non pretenziosi, era come la manna dal cielo… E così solo dopo due ore, il tempo di mangiare, digerire e scattare le classiche foto di gruppo della serie “io c’ero!”, abbiamo scollato i fondoschiena dalle sedie di legno e ci siamo rimessi in movimento, non per tornare subito alla funivia bensì per raggiungere un ulteriore punto panoramico rivolto a sud - ovest da dove, con il favore dell’ultimo sole oramai velato e in procinto di coricarsi, il lago d’Orta riluceva tra due catene di montagne ormai avvolte nell’ombra. Anche questo da imprimere… Il ritorno alla realtà è stato imposto dall’orologio di Ambrogina che ha ricordato l’ora tarda e il pericolo che la funivia effettuasse l’ultima discesa senza di noi se oltrepassavamo l’ora di chiusura dell’impianto, per cui dovevamo affrettarci… Il tutto risuonava come il classico ammonimento del saggio nei confronti dei discoli che desideravano godere fino all’ultimo istante la giornata resa sin troppo breve dal precoce tramonto: persa la funivia si sarebbe potuti rimanere lassù per la notte?

Il Circolo di Legambiente di Piove di Sacco all'alpe Nuovo
Secondo giorno: Monte Mesma

È domenica 30 dicembre e di prima mattina solo una leggera velatura attenua il colorito celeste del cielo, anche oggi sarà una buona giornata… Dopo la notte trascorsa in vari bad and breakfast e alberghetti del piccolo borgo di Miazzina, il gruppo si riforma dopo colazione ed in corriera viene raggiunta la località di Orta, sull’omonimo lago, punto di partenza del trekking odierno che prevede un giro attorno al Monte Mesma. Poco prima delle ore 10,30 veniamo raggiunti da Ambrogina che, per iniziare, illustra al numeroso gruppo (più di 40 persone) l’itinerario e le caratteristiche dei luoghi della zona; ha inizio poi il trekking per un sentiero lungo una striscia di territorio piano scorgendo in fondo due promontori: a sinistra il monte Mesma, a destra la collina sulla quale risalta la Torre di Buccione - la cui esistenza è documentata dal XII secolo - che domina il Lago d’Orta e la pianura: peccato che il programma non contemplava anche una visita a quel sito, sarà per la prossima volta! Dopo qualche kilometro il sentiero vira a sinistra e inizia il giro ad anello in senso antiorario all’interno di un bosco di castagni che ci hanno accompagnato fino alla sommità raggiunta dopo un’ora e mezza circa dove, a circa 600 metri di quota, sorge il convento francescano dei frati minori con la sua chiesa dedicata a S. Francesco; da qui si può ammirare una suggestiva veduta del Lago d’Orta e, sullo sfondo, il massiccio del Monte Rosa, imponente, ricoperto di neve perenne, il quale si eleva verso ovest. La visita al complesso costituito dalla chiesa e due chiostri barocchi è stata breve ma interessante: all’interno della chiesa, sopra l’altare, spicca il grande crocefisso scolpito nel settecento da Lentignani mentre sui lati dell’unica navata apparivano disposti in serie, entro piccoli spazi delimitati da vetrate, dei suggestivi presepi molto ben architettati che donavano magnificamente la visione di una spazialità profonda attraverso l’oculato utilizzo di statuette di varie dimensioni e il posizionamento di opportuni specchi i quali permettevano di far risaltare distanze apparenti. Ripreso il cammino verso Orta siamo giunti in meno di due ore ai piedi del Sacro Monte di Orta, un promontorio interno ad una piccola penisola a est del Lago d’Orta, sede di uno dei nove Sacri Monti alpini dell’area lombardo - piemontese. Questo complesso, costruito tra il XVI e il XVII secolo, è costituito da 20 cappelle ed è dedicato a S. Francesco d’Assisi: è divenuto recentemente Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Qui il gruppo si è sciolto e chi ha voluto ha proseguito subito verso il sottostante centro di Orta San Giulio, ma i più si sono fermati per visitare questa località del tutto speciale: iniziavano a calare le prime ombre della sera e camminando per le stradine sterrate che conducevano da una cappella all’altra si percepiva la pace che emanava da questo luogo, la stessa pace che per secoli avranno certamente colto i frequentatori di questi luoghi. Dipinti e sculture adornavano ogni cappella che hanno per tema e la vita di S. Francesco e la nascita della congregazione da questi fondata, eventi avvenuti vari secoli addietro ma che non hanno mai perso di carisma e influenzano ancora oggi il pensiero di questa fragile odierna civiltà. Anche qui un’intera giornata di visita non sarebbe stata eccessiva, rinviamo tutto a prossima data. In centro, tra le bancarelle allestite per le festività, prese d’assalto da coloro che volevano portarsi a casa qualche ricordo del luogo, si conclude il pomeriggio e la visita quotidiana in questa zona veramente ricca e interessante.

Terzo giorno: la Val Grande

E così arriva anche l’ultimo giorno dell’anno. Per oggi il programma recita “trekking” a gran voce e così, di buon mattino da Miazzina (dove abbiamo pernottato), ci spostiamo a Cappella Fina dove inizia il percorso. La giornata è ancora una volta favorevole e il sole penetra da subito tra i rami. Ha quindi inizio il cammino che ci porterà ad affacciarci verso uno dei luoghi più remoti e selvaggi delle Alpi, la Val Grande, ricca di storia recente ma anche più remota, dove le comunità montane sopravvivevano a fatica a condizioni climatiche ostili e di isolamento quasi completo praticando la “coltivazione a terrazzo” e sfruttando tutte le risorse locali possibili come legno, pietre per costruire e terra per pascolare il bestiame, in un ambiente difficile dove i sentieri appaiono particolarmente stretti e ostici soprattutto per animali quali i bovini e l’acqua può essere raccolta solo in grandi cisterne da riempirsi con le piogge stagionali; eppure il ritrovamento di incisioni rupestri indica che la presenza dell’uomo è molto antica. Essendo particolarmente impervia, la Val Grande è stata anche un buon nascondiglio per i partigiani durante la seconda guerra e quindi teatro di scontri con le milizie tedesche oltre a rastrellamenti ed esecuzioni di giovani patrioti. Risalendo la dorsale dal Monte Todum verso il Pizzo Pernice, la vista dall’alto della vallata non poteva che confermare i racconti delle guide; verso nord si intravvedeva il paese di Cicogna, ultimo avamposto oggi abitato dove ha termine una stradina carreggiabile; immerse in una macchia boschiva, sul versante sud della montagna e quindi ben illuminate dal sole, apparivano così le case di questo borgo oggi poco abitato, ma la cui testimonianza non si assopirà certo con il tempo. Il nostro percorso intanto procedeva in cresta, sopra un letto di foglie di faggio che in certi punti era profondo più di un metro e nel quale si sprofondava sino all’altezza del bacino; poca la neve caduta e ben presto disciolta, rimaneva lo spensierato passatempo di lanciarsi addosso manciate di foglie secche, tale quale ai bambini: non è forse lecita la ricerca, in certe situazioni, di un tuffo nel passato? Avanti ancora, mentre il sole arriva nel punto più alto di quel cielo azzurro come solo l’inverno sa dipingere, ed eccoci arrivati a Pizzo Pernice, con la sua croce e i panorami limpidi e magnifici del Lago Maggiore verso sud e delle Alpi verso nord – ovest dove riusciamo a scorgere qualche vetta innevata; cosa singolare, un’incredibile inversione termica è causa di un forte innalzamento della temperatura per cui veniamo circondati da un insolito tepore: volano allora via giacche a vento e maglioni di lana e si resta a godersi i raggi del sole in canottiera o poco più. Dopo il meritato spuntino a base di pane, salame e un goccio di vino che qualcuno ha portato sulle spalle sin lassù, è già ora del ritorno; nessun problema per la discesa effettuata lungo un sentiero boschivo, ma sono convinto che molti avrebbero volentieri ritardato la marcia ancora un po’ per godere fino all’ultimo istante l’insolito clima, la calma, la pace di quei posti… Ma è Capodanno, tra poche ore si farà festa e si girerà pagina in rispetto del Tempo che procede inesorabile il suo cammino, fermarlo non è consentito.

Quarto giorno: da Verbania a Cavandone

Ormai non è più una novità, anche oggi è una splendida giornata! Triste semmai è il fatto che oggi coincide con il giorno del ritorno… Ma queste riflessioni non sono certo sorte in prima mattinata quando, fatti i bagagli, ci siamo trasferiti da Miazzina a Verbania da dove abbiamo iniziato la nostra breve ma interessante escursione dapprima per le vie di Suna, poi nei boschi dove il sentiero continuava in leggera salita sino ad arrivare alla chiesetta della Madonna del Buon Rimedio che spunta tra gli alberi quasi per magia. Con ancora un po' di cammino siamo giunti a Cavandone, dove abbiamo dapprima visitato la chiesa, dedicata alla Natività di Maria. Al sue esterno un vetusto albero, un tasso per la precisione, sorge dal terreno e sale contorcendosi su sé stesso aprendo la sua chioma verde e protettiva, da quanti secoli ormai non si contano più.
Le vie di Cavandone traspirano di storia e antichità attraverso pezzi da museo esposti a cielo aperto lungo le stradine lastricate di sassi levigati: molto interessante la macina, formata da un disco in pietra che all’origine ruotava interno ad un supporto concavo forgiato per contenere e sbriciolare i chicchi di cereale. Lasciando Cavandone godiamo di una splendida vista panoramica verso il lago Maggiore e il Monte Mottarone, visitato tre giorni or sono nella prima passeggiato di questo lungo weekend di capo d’anno. Il percorso del ritorno si snoda lungo le pendici del Monte Rosso, promontorio il quale sovrasta il capoluogo della provincia (Verbania); camminando tra i boschi siamo tornati infine a Suna e scesi al lungolago: peccato che non era periodo di tuffi nelle acque fresche, lasciamo questi pensieri per l’estate. Qualche foto e una merendina hanno riempito l’attesa dell’arrivo della corriera che purtroppo veniva a prelevarci per riportarci nella quotidianità di “tutti i giorni”… Ma il ricordo dei magnifici 4 (giorni) di fine 2018 resterà però integro nella memoria degli annali di Legambiente, circolo di Piove di Sacco, Padova. Grazie Ambrogina.

Gli amici del circolo di Legambiente di Piove di Sacco scendono dal Pizzo Pernice
Il bel gruppo del circolo di Legambiente di Piove di Sacco sulla vetta del Monte Zughero
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